CARTELLA CLINICA OSPEDALIERA / Natura
La cartella clinica è un atto pubblico di fede privilegiata, con valore probatorio
contrastabile solo con querela di falso. Tuttavia va tenuto presente che “le
valutazioni, le diagnosi o comunque manifestazioni di scienza o opinione in
essa contenute non hanno valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi
di prova e, in ogni caso, le attestazioni della cartella clinica, ancorché
riguardante fatti avvenuti in presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso
compiuti (e non la valutazione dei suddetti fatti) non costituisce prova piena
a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno
può precostituire prova a favore di se stesso (Cassazione 27 settembre
1999 n.10695).”
La cartella clinica è anche una costante certificazione di ciò che si rileva
e ciò che si fa.
La cartella clinica fa fede sino a prova di falso.
Due sarebbero i principali indirizzi interpretativi sulla natura della cartella
clinica intesa come contenitore delle generalità complete del paziente, la diagnosi
iniziale, l'anamnesi familiare e personale, l'esame obiettivo, gli esami di
laboratorio e specialistici, la diagnosi formulata, la terapia, gli esiti e
i postumi.
Secondo De Marsico, la cartella clinica non avrebbe natura di atto pubblico,
bensì di certificato. Infatti sarebbe un atto meramente dichiarativo di scienza
e verità, inidoneo, come tale, ad esplicare una efficacia costitutiva di nuove
situazioni giuridiche, ciò che invece costituirebbe la funzione distintiva e
peculiare dell'atto pubblico.
Questa interpretazione ha dato luogo ad una vivace contestazione ad opera della
dottrina medico-legale e della giurisprudenza della Suprema corte, motivata
principalmente dalla sentita esigenza di dare rilievo alle implicazioni di natura
penalistica derivanti dalle norme relative alla falsità in atti e alla omissione
di atti di ufficio.
Si è dunque imposta la corrente di pensiero che afferma che la cartella clinica
redatta in un pubblico ospedale sarebbe un atto pubblico di fede privilegiata,
dal momento che, indipendentemente dalla sua revocabilità e non definitività,
sarebbe formata da un pubblico ufficiale nell'esercizio di una speciale potestà
di attestazione conferita dalla legge, dai regolamenti o dall'ordinamento interno
dell'ente, nel cui nome e conto l'atto è formato.
Da ciò deriverebbe logicamente che essa fa fede fino a querela di falso, come
tutti gli atti stesi da qualsiasi pubblico ufficiale.
Avverso questo orientamento è però stato obiettato che la assistenza erogata
nella ASL e negli ospedali non sarebbe una pubblica funzione, ma un pubblico
servizio e che perciò il medico che vi opera non sarebbe un pubblico ufficiale
ex art. 357 cp,
bensì un incaricato di pubblico servizio e che pertanto la cartella clinica
non sarebbe un atto pubblico ex art.2699 cc ("l'atto pubblico è il documento
redatto, con le richiesta formalità, da un notaio o da altro ufficiale autorizzato
ad attribuirgli pubblica fede nel luogo ove l'atto è formato"), bensì un atto
ricognitivo e che alla sua falsificazione sarebbe applicabile non l'art.476
cp (falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici),
ma l'art.493
cp (falsità commessa da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico).
Va ricordato peraltro che ai fini dell'applicazione degli artt.476
cp e seguenti è sufficiente la qualifica di colui che ha formato l'atto
di pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio delle
proprie attribuzioni, secondo il disposto dello stesso art.493
cp.
Secondo Q.Lombardo la cartella clinica, intesa come documento e rappresentazione
"storica" dell'intervento diagnostico-terapeutico con la descrizione del decorso
della malattia, con il diario dei fatti clinici, con l'attestazione delle diagnosi
e delle terapie praticate e con la complessiva ricognizione delle scelte e degli
interventi dei medici sul paziente, è un atto pubblico ex art.2699
del codice civile in quanto il medico svolge funzione di "pubblico ufficiale
autorizzato" ad attribuire al documento pubblica fede, perché partecipa direttamente
all'espletamento del servizio sanitario, che è un servizio pubblico, anche se
svolto da privati.
Per i giudici di Cassazione (sentenza 22694/2005) "la cartella clinica è un atto pubblico che esplica
la funzione di diario dell'intervento medico e dei relativi fatti clinici rilevanti, sicchè i fatti
devono essere annotati conformemente al loro verificarsi".
In ogni caso, la giurisprudenza riconosce alla cartella clinica una particolare
efficacia probatoria, fino ad impugnazione di falso, limitatamente alla sua
provenienza dal pubblico ufficiale ed ai fatti che questi attesta essere avvenuti
in sua presenza o essere stati da lui compiuti (Cassazione - Saccone 24 ottobre
1980).